Works on paper

Pochi colpi di matita o qualche tratto di penna bastano a tracciare l’impronta del disegnatore di razza. Più di qualsiasi altro mezzo il disegno rappresenta l'idea allo stato puro, la configuration la plus simple de la pensée. Ciò che, in musica, corrisponde all'idea musicale. Dobbiamo ai grandi collezionisti di disegni del XVIII secolo, soprattutto francesi, se il disegno è entrato a pieno titolo nella classifica di Œuvres d'art. Preconcetti ottocenteschi non ancora estinti valutavano l'art du Dessin secondo gradi di precisione e purezza. Per cui Botticelli, Holbein o Ingres, diventavano disegnatori eccelsi a detrimento di Velázquez Rembrandt o Van Gogh. Un esaltazione della précision virtuose a scapito della vibration émotionnelle.

Disegnatore e incisore, De Andreis ha da sempre privilegiato il disegno quale mezzo primario e autonomo di espressione. Come il pianoforte per il compositore. Delle grandi risorse del «segno» egli sa cogliere tanto l'essenzialità della linea pura quanto i complessi grovigli del segno-colore. Con variazioni e invenzioni continue di timbri e ritmi. Ogni immagine da lui affrontata, fantastica o reale, come un quartetto di Schubert o Webern, crea una «musica» tattile e afferrabile all’occhio.

Conoscitore esperto dell’opera grafica e incisa dei grandi di ogni tempo, da Shongauer a Goya e Picasso, De Andreis sa evocare nelle ridotte dimensioni del foglio l'immagine che passa con disinvoltura dalla pureté du signe grec all’intrico più complesso. Spesso avvalendosi di mix tecnici sconcertanti. Una trasgressività tecnica che può necessitare di un occhio agguerrito per apprezzarne ogni acrobazia espressiva. Come non è facile recepire alla prima ogni sfumatura della Große Fuge op. 133 di Beethoven, o le marbrures vocali dell'ultimo song di Shakira.

“La trascuratezza della trasfigurazione” come ha genialmente scritto Adriano Spatola, è spesso il basso continuo delle versatilità di De Andreis, dove pensiero ed emozione si ricongiungono nella più elevata trasfigurazione.